Dante Alighièri. - Poeta (Firenze, tra il maggio e il giugno 1265 - Ra dịch - Dante Alighièri. - Poeta (Firenze, tra il maggio e il giugno 1265 - Ra Việt làm thế nào để nói

Dante Alighièri. - Poeta (Firenze,

Dante Alighièri. - Poeta (Firenze, tra il maggio e il giugno 1265 - Ravenna, notte dal 13 al 14 settembre 1321). Della madre, che dovette morire presto, non sappiamo che il nome, Bella; il padre, Alighiero di Bellincione di Alighiero, morto intorno al 1283, apparteneva a una famiglia di piccola nobiltà cittadina (il trisavolo di D., Cacciaguida, fatto cavaliere da Corrado III, morì nella 2a crociata, 1147), ma ai suoi tempi decaduta: egli faceva forse il prestatore, o comunque si occupava di affari. Tuttavia Dante (il nome è forma accorciata, familiare, di Durante) condusse da giovane vita da gentiluomo, e come tale militò nella cavalleria (battaglia di Campaldino, 1289). Aveva studiato grammatica e filosofia probabilmente presso i francescani di S. Croce, retorica forse con Brunetto Latini e a Bologna, dove in ogni modo si trovava nel 1287 o poco prima. Cominciò a poetare ben presto; ai suoi 18 anni risale, secondo il suo racconto, il primo sonetto databile che di lui ci rimanga, in onore di Beatrice. Si è ormai d'accordo nel ritenere storica la personalità di lei, che è con buon fondamento identificata in Bice di Folco Portinari, sposata a Simone de' Bardi e morta l'8 giugno 1290. Da una passeggera infedeltà alla memoria di lei nasce in D. il proposito di celebrarla più solennemente di quel che prima non avesse fatto con le sue rime sparse, raccogliendo appunto tali rime e collegandole col racconto dell'intera vicenda del suo amore. Nasce così (circa 1292-93) la Vita nuova (v.), in cui Beatrice appare come guida a Dio non solo di D. ma di tutti gli animi gentili. E aristocratica è la lirica di lui, come aristocraticamente raffinato, per costumi e per ideali letterarî, fu quel gruppo di giovani poeti, di cui egli fu cospicua parte, che, ispirandosi a Guido Guinizzelli, si contrappose da una parte a Guittone, dall'altra ai verseggiatori di tono popolareggiante, e che D. stesso più tardi affermò (Purg., XXIV, 49 e segg.) avere instaurato un nuovo modo di poesia, un "dolce stil novo", onde l'espressione è rimasta a indicare tutto il gruppo (v. stil novo). Se le sue infedeltà a Beatrice siano per una donna (la "donna gentile" della Vita nuova) o per la filosofia (come sembrerebbe attestare un'esplicita dichiarazione del Convivio), è tuttora oggetto di discussione; certo è però che poco dopo il 1290 D. si volge alla filosofia, della quale in breve s'impadronisce: senza interrompere del tutto la lirica d'amore, egli riflette questa tendenza in liriche di filosofia morale. Probabile è anche un periodo di amore sensuale, per donne ben diverse dalla discussa "donna gentile"; a esso si possono far risalire le cosiddette rime "petrose" (intorno al 1295 ?) per una Pietra o per una donna dura come pietra, ma esse testimoniano in verità intenti di esercitazioni letterarie diverse dalle consuete, molto più che vicende biograficamente o psicologicamente determinate. Sempre a quel periodo potrebbe risalire la tenzone con Forese Donati (D. e il suo amico si rimproverano e rinfacciano in sei sonetti, tre per ciascuno, colpe e difetti d'ogni genere, alcuni assai gravi: ma si tratta anche qui in fondo di un'esercitazione letteraria) e, se sono di D., il Fiore (v.) e il Detto d'Amore (v.). Senza riflesso nell'opera letteraria fu il matrimonio di D. con Gemma di Manetto Donati, cugina di Corso e di Forese, ma di un ramo meno potente della famiglia; matrimonio combinato nel 1277 e attuato forse verso il 1285; dal quale nacquero (a noi noti) Iacopo, Pietro, Antonia (forse poi monaca a Ravenna col nome di suor Beatrice), e forse anche un Giovanni.
Appena una provvisione del 1295 consentì ai nobili, esclusi dal governo dagli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella (1293), di partecipare alla vita pubblica mediante l'iscrizione a un'Arte, D. s'iscrisse a quella dei medici e speziali, forse come cultore di studî filosofici, e dal 1295 al 1302 ebbe varî uffici; tra l'altro, dal maggio al sett. 1296 appartenne al più importante dei consigli cittadini, quello dei Cento, e, soprattutto, dal 15 giugno al 15 ag. 1300, fu tra i priori, eletti proprio col compito di opporsi alle intromissioni nella vita pubblica di Firenze di papa Bonifacio VIII che, col pretesto della vacanza dell'impero, e contando sulle discordie cittadine, mirava al dominio sulla Toscana. Notevole nel priorato di D. fu anche il provvedimento preso, pare per suo consiglio, di bandire da Firenze - in seguito a un assalto dei Neri ai consoli delle Arti, e alla reazione dei Bianchi - i capi delle due fazioni; tra i Bianchi era compreso Guido Cavalcanti, il "primo" degli amici del poeta, com'egli stesso lo chiamava nella Vita nuova. Dopo il priorato, D. continuò ad avere uffici, e documenti ci restano della sua azione politica, in senso antiangioino e antipapale. All'avvicinarsi a Firenze (1301) di Carlo di Valois, il falso "paciaro", D. fu con altri due mandato ambasciatore a Bonifacio VIII, il quale, rimandati a Firenze i due, che egli sperava intercedessero a favore della sua tesi, trattenne presso di sé il più pericoloso, Dante. Così questi - sopraggiunta la vittoria dei Neri - probabilmente non tornò più nella sua città: una prima sentenza (17 gennaio 1302) lo condannò, sotto l'accusa, tra l'altro, di baratteria, allora comunemente usata contro gli avversari politici, a una multa, al confino e all'esclusione dagli uffici; non essendosi presentato, una successiva sentenza (10 marzo) lo condannò all'esilio perpetuo, con minaccia di morte se fosse venuto in potere del comune. Comincia così l'esilio di D., avvenimento capitale non soltanto per la sua biografia pratica; infatti esso, profondamente sofferto da lui, condizionò nettamente l'ulteriore svolgimento del suo pensiero e della sua poesia. Dapprima D. lottò insieme coi Bianchi e con loro sperò di poter rientrare, ma già prima del luglio 1304, disgustato dalla "compagnia malvagia e scempia", si appartò, fece un partito di sé stesso. La "dolorosa povertade" lo costrinse a profittare della liberalità dei varî principi, confondendosi così con gente d'ogni risma; divenne, più o meno, "uomo di corte", dolorosamente crucciato e sdegnoso di tale condizione. Sperò forse in un primo momento d'esser richiamato, e a tale scopo provvide sia a discolparsi con lettere e altri scritti della taccia di ghibellino che gli si apponeva, e che era nata soprattutto dall'essersi i ghibellini esuli uniti ai Bianchi banditi, sia a rialzare la sua fama di dotto, producendo opere dottrinali e di più vasto impegno che non fossero le rime d'amore. Al periodo 1304-07 circa sono così da assegnare il De vulgari eloquentia (v.) e il Convivio (v.); al 1307 risale forse l'idea della Commedia, sia che imprendesse allora il poema ex-novo, sia che riprendesse antichi disegni e magari vecchi abbozzi (v. Divina Commedia). Ora il pensiero politico di D. prende la sua forma definitiva. Egli si chiede la ragione dei malanni d'Italia e la vede nelle discordie; scorge la ragione di queste nella carenza d'un potere civile unico, cioè dell'impero, essendo gli imperatori distratti dalle cose di Germania, e nella parallela usurpazione dei loro poteri da parte della Chiesa. D., insomma, da guelfo moderato è divenuto quasi un ghibellino. Le tappe dell'esilio non ci sono tutte note: il primo rifugio fu presso gli Scaligeri, nel 1306 era presso i Malaspina; non provata la tradizione che andasse a Parigi. Disceso nel 1310 Arrigo VII in Italia, le speranze di D. si riaccendono e per tre anni risplendono. Finalmente l'imperatore veniva in Italia, ben risoluto a porre fine alle discordie, ad affermare la sua autorità suprema: rex pacificus. Persino il papa sembrava ben disposto: il dualismo papato-impero pareva finito. D. scrive un'epistola ai re, principi e popoli d'Italia: un grido d'esultanza, poi corre a rendere omaggio all'imperatore che cingeva a Milano (1311) la corona di ferro. Ma proprio Firenze, la guelfa Firenze, resiste, anzi è a capo della resistenza italiana: nel marzo il poeta scrive dal Casentino un'epistola contro gli "scelleratissimi" Fiorentini; nell'aprile, un'altra epistola allo stesso Arrigo, perché non indugi nell'Italia del Nord. Egli è intanto escluso dall'amnistia del 1311 (la cosiddetta riforma di Baldo d'Aguglione). Quando Arrigo attacca Firenze, il poeta non prende tuttavia le armi contro la patria, resta nel Casentino, forse presso il conte di Battifolle. Ma la morte di Arrigo (1313) tronca ogni speranza: se non subito dopo, certo assai presto D. torna a Verona, ospite questa volta di Cangrande. Forse al momento delle maggiori opposizioni all'imperatore da parte di Firenze, di Roberto d'Angiò e di papa Clemente V, risale l'opera nella quale egli più direttamente e ordinatamente espone il suo ideale politico, il suo generoso anche se utopistico sogno d'una monarchia universale: la Monarchia (v.). Un'altra epistola, religioso-politica, scrisse D. nel 1314 dopo la morte di Clemente V: è diretta ai cardinali, che vi sono eloquentemente esortati a soccorrere Roma, priva dei suoi due soli, il papa e l'imperatore; almeno essi eleggano un papa italiano, che riporti a Roma la sede pontificia. Un'ultima lettera, infine, D. scrisse nel 1315, tradizionalmente nota come diretta "all'amico fiorentino": amici e parenti lo esortavano a tornare a Firenze, come gli sarebbe stato possibile, profittando di un ribandimento, purché egli si fosse sottoposto a certe umilianti formalità: ma D. rifiuta. Dopo la sconfitta di Montecatini (1315), Firenze tramutò in confino le condanne capitali dei meno pericolosi degli sbanditi; anche questa volta D. non accettò: sicché il 6 nov. fu nuovamente condannato a morte, e questa volta insieme coi figli, che ormai avevano superato i 14 anni. Non sappiamo con certezza dove D. passasse gli ultimi anni, durante i quali egli ebbe sicuramente una certa tranquillità di vita, e che egli spese per condurre a termine il suo poema. Almeno dal 1318 è a Ravenna, di cui era signore Guido Novello da Polenta, nipote di Francesca: qui egli forse
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Dante Alighièri. - Poeta (Firenze, tra il maggio e il giugno 1265 - Ravenna, notte dal 13 al 14 settembre 1321). Della madre, che dovette morire presto, non sappiamo che il nome, Bella; il padre, Alighiero di Bellincione di Alighiero, morto intorno al 1283, apparteneva a una famiglia di piccola nobiltà cittadina (il trisavolo di D., Cacciaguida, fatto cavaliere da Corrado III, morì nella 2a crociata, 1147), ma ai suoi tempi decaduta: egli faceva forse il prestatore, o comunque si occupava di affari. Tuttavia Dante (il nome è forma accorciata, familiare, di Durante) condusse da giovane vita da gentiluomo, e come tale militò nella cavalleria (battaglia di Campaldino, 1289). Aveva studiato grammatica e filosofia probabilmente presso i francescani di S. Croce, retorica forse con Brunetto Latini e a Bologna, dove in ogni modo si trovava nel 1287 o poco prima. Cominciò a poetare ben presto; ai suoi 18 anni risale, secondo il suo racconto, il primo sonetto databile che di lui ci rimanga, in onore di Beatrice. Si è ormai d'accordo nel ritenere storica la personalità di lei, che è con buon fondamento identificata in Bice di Folco Portinari, sposata a Simone de' Bardi e morta l'8 giugno 1290. Da una passeggera infedeltà alla memoria di lei nasce in D. il proposito di celebrarla più solennemente di quel che prima non avesse fatto con le sue rime sparse, raccogliendo appunto tali rime e collegandole col racconto dell'intera vicenda del suo amore. Nasce così (circa 1292-93) la Vita nuova (v.), in cui Beatrice appare come guida a Dio non solo di D. ma di tutti gli animi gentili. E aristocratica è la lirica di lui, come aristocraticamente raffinato, per costumi e per ideali letterarî, fu quel gruppo di giovani poeti, di cui egli fu cospicua parte, che, ispirandosi a Guido Guinizzelli, si contrappose da una parte a Guittone, dall'altra ai verseggiatori di tono popolareggiante, e che D. stesso più tardi affermò (Purg., XXIV, 49 e segg.) avere instaurato un nuovo modo di poesia, un "dolce stil novo", onde l'espressione è rimasta a indicare tutto il gruppo (v. stil novo). Se le sue infedeltà a Beatrice siano per una donna (la "donna gentile" della Vita nuova) o per la filosofia (come sembrerebbe attestare un'esplicita dichiarazione del Convivio), è tuttora oggetto di discussione; certo è però che poco dopo il 1290 D. si volge alla filosofia, della quale in breve s'impadronisce: senza interrompere del tutto la lirica d'amore, egli riflette questa tendenza in liriche di filosofia morale. Probabile è anche un periodo di amore sensuale, per donne ben diverse dalla discussa "donna gentile"; a esso si possono far risalire le cosiddette rime "petrose" (intorno al 1295 ?) per una Pietra o per una donna dura come pietra, ma esse testimoniano in verità intenti di esercitazioni letterarie diverse dalle consuete, molto più che vicende biograficamente o psicologicamente determinate. Sempre a quel periodo potrebbe risalire la tenzone con Forese Donati (D. e il suo amico si rimproverano e rinfacciano in sei sonetti, tre per ciascuno, colpe e difetti d'ogni genere, alcuni assai gravi: ma si tratta anche qui in fondo di un'esercitazione letteraria) e, se sono di D., il Fiore (v.) e il Detto d'Amore (v.). Senza riflesso nell'opera letteraria fu il matrimonio di D. con Gemma di Manetto Donati, cugina di Corso e di Forese, ma di un ramo meno potente della famiglia; matrimonio combinato nel 1277 e attuato forse verso il 1285; dal quale nacquero (a noi noti) Iacopo, Pietro, Antonia (forse poi monaca a Ravenna col nome di suor Beatrice), e forse anche un Giovanni.Appena una provvisione del 1295 consentì ai nobili, esclusi dal governo dagli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella (1293), di partecipare alla vita pubblica mediante l'iscrizione a un'Arte, D. s'iscrisse a quella dei medici e speziali, forse come cultore di studî filosofici, e dal 1295 al 1302 ebbe varî uffici; tra l'altro, dal maggio al sett. 1296 appartenne al più importante dei consigli cittadini, quello dei Cento, e, soprattutto, dal 15 giugno al 15 ag. 1300, fu tra i priori, eletti proprio col compito di opporsi alle intromissioni nella vita pubblica di Firenze di papa Bonifacio VIII che, col pretesto della vacanza dell'impero, e contando sulle discordie cittadine, mirava al dominio sulla Toscana. Notevole nel priorato di D. fu anche il provvedimento preso, pare per suo consiglio, di bandire da Firenze - in seguito a un assalto dei Neri ai consoli delle Arti, e alla reazione dei Bianchi - i capi delle due fazioni; tra i Bianchi era compreso Guido Cavalcanti, il "primo" degli amici del poeta, com'egli stesso lo chiamava nella Vita nuova. Dopo il priorato, D. continuò ad avere uffici, e documenti ci restano della sua azione politica, in senso antiangioino e antipapale. All'avvicinarsi a Firenze (1301) di Carlo di Valois, il falso "paciaro", D. fu con altri due mandato ambasciatore a Bonifacio VIII, il quale, rimandati a Firenze i due, che egli sperava intercedessero a favore della sua tesi, trattenne presso di sé il più pericoloso, Dante. Così questi - sopraggiunta la vittoria dei Neri - probabilmente non tornò più nella sua città: una prima sentenza (17 gennaio 1302) lo condannò, sotto l'accusa, tra l'altro, di baratteria, allora comunemente usata contro gli avversari politici, a una multa, al confino e all'esclusione dagli uffici; non essendosi presentato, una successiva sentenza (10 marzo) lo condannò all'esilio perpetuo, con minaccia di morte se fosse venuto in potere del comune. Comincia così l'esilio di D., avvenimento capitale non soltanto per la sua biografia pratica; infatti esso, profondamente sofferto da lui, condizionò nettamente l'ulteriore svolgimento del suo pensiero e della sua poesia. Dapprima D. lottò insieme coi Bianchi e con loro sperò di poter rientrare, ma già prima del luglio 1304, disgustato dalla "compagnia malvagia e scempia", si appartò, fece un partito di sé stesso. La "dolorosa povertade" lo costrinse a profittare della liberalità dei varî principi, confondendosi così con gente d'ogni risma; divenne, più o meno, "uomo di corte", dolorosamente crucciato e sdegnoso di tale condizione. Sperò forse in un primo momento d'esser richiamato, e a tale scopo provvide sia a discolparsi con lettere e altri scritti della taccia di ghibellino che gli si apponeva, e che era nata soprattutto dall'essersi i ghibellini esuli uniti ai Bianchi banditi, sia a rialzare la sua fama di dotto, producendo opere dottrinali e di più vasto impegno che non fossero le rime d'amore. Al periodo 1304-07 circa sono così da assegnare il De vulgari eloquentia (v.) e il Convivio (v.); al 1307 risale forse l'idea della Commedia, sia che imprendesse allora il poema ex-novo, sia che riprendesse antichi disegni e magari vecchi abbozzi (v. Divina Commedia). Ora il pensiero politico di D. prende la sua forma definitiva. Egli si chiede la ragione dei malanni d'Italia e la vede nelle discordie; scorge la ragione di queste nella carenza d'un potere civile unico, cioè dell'impero, essendo gli imperatori distratti dalle cose di Germania, e nella parallela usurpazione dei loro poteri da parte della Chiesa. D., insomma, da guelfo moderato è divenuto quasi un ghibellino. Le tappe dell'esilio non ci sono tutte note: il primo rifugio fu presso gli Scaligeri, nel 1306 era presso i Malaspina; non provata la tradizione che andasse a Parigi. Disceso nel 1310 Arrigo VII in Italia, le speranze di D. si riaccendono e per tre anni risplendono. Finalmente l'imperatore veniva in Italia, ben risoluto a porre fine alle discordie, ad affermare la sua autorità suprema: rex pacificus. Persino il papa sembrava ben disposto: il dualismo papato-impero pareva finito. D. scrive un'epistola ai re, principi e popoli d'Italia: un grido d'esultanza, poi corre a rendere omaggio all'imperatore che cingeva a Milano (1311) la corona di ferro. Ma proprio Firenze, la guelfa Firenze, resiste, anzi è a capo della resistenza italiana: nel marzo il poeta scrive dal Casentino un'epistola contro gli "scelleratissimi" Fiorentini; nell'aprile, un'altra epistola allo stesso Arrigo, perché non indugi nell'Italia del Nord. Egli è intanto escluso dall'amnistia del 1311 (la cosiddetta riforma di Baldo d'Aguglione). Quando Arrigo attacca Firenze, il poeta non prende tuttavia le armi contro la patria, resta nel Casentino, forse presso il conte di Battifolle. Ma la morte di Arrigo (1313) tronca ogni speranza: se non subito dopo, certo assai presto D. torna a Verona, ospite questa volta di Cangrande. Forse al momento delle maggiori opposizioni all'imperatore da parte di Firenze, di Roberto d'Angiò e di papa Clemente V, risale l'opera nella quale egli più direttamente e ordinatamente espone il suo ideale politico, il suo generoso anche se utopistico sogno d'una monarchia universale: la Monarchia (v.). Un'altra epistola, religioso-politica, scrisse D. nel 1314 dopo la morte di Clemente V: è diretta ai cardinali, che vi sono eloquentemente esortati a soccorrere Roma, priva dei suoi due soli, il papa e l'imperatore; almeno essi eleggano un papa italiano, che riporti a Roma la sede pontificia. Un'ultima lettera, infine, D. scrisse nel 1315, tradizionalmente nota come diretta "all'amico fiorentino": amici e parenti lo esortavano a tornare a Firenze, come gli sarebbe stato possibile, profittando di un ribandimento, purché egli si fosse sottoposto a certe umilianti formalità: ma D. rifiuta. Dopo la sconfitta di Montecatini (1315), Firenze tramutò in confino le condanne capitali dei meno pericolosi degli sbanditi; anche questa volta D. non accettò: sicché il 6 nov. fu nuovamente condannato a morte, e questa volta insieme coi figli, che ormai avevano superato i 14 anni. Non sappiamo con certezza dove D. passasse gli ultimi anni, durante i quali egli ebbe sicuramente una certa tranquillità di vita, e che egli spese per condurre a termine il suo poema. Almeno dal 1318 è a Ravenna, di cui era signore Guido Novello da Polenta, nipote di Francesca: qui egli forse
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Dante Alighieri. - Nhà thơ (Florence, giữa tháng Năm và tháng 6 năm 1265 - Ravenna, đêm 13-ngày 14 tháng chín 1321). Người mẹ, người đã phải chết sớm, chúng tôi không biết tên, Bella; cha, Alighiero của Bellincione Alighiero, người đã qua đời khoảng năm 1283, thuộc về một gia đình nhỏ của thị trấn giới quý tộc (người ông tuyệt vời, tuyệt vời của D., Cacciaguida, phong tước hiệp sĩ Conrad III, đã chết trong các cuộc thập tự chinh thứ hai, 1147), nhưng trong thời gian của mình đã hết hiệu lực Ông có lẽ là người cho vay, hoặc nếu không chăm sóc của doanh nghiệp. Tuy nhiên Dante (tên được rút ngắn lại hình thức, gia đình, Durante) do cuộc sống trẻ như một quý ông, và như vậy anh ta phục vụ trong các kỵ binh (trận Campaldino, 1289). Ông đã nghiên cứu ngữ pháp và triết học như là ở dòng Phanxicô của Holy Cross, hùng biện có lẽ với Brunetto Latini và Bologna, nơi mà trong mọi cách nó được trong năm 1287 hoặc sớm hơn. Ông bắt đầu làm thơ sớm; 18 năm của mình trở lại, theo tài khoản của mình, các sonnet đầu tiên ngày anh ta còn, trong danh dự của Beatrice. Nó bây giờ là trong thỏa thuận trong việc xem xét lịch sử nhân cách của cô, được đồng hoá với một nền tảng tốt trong Bice di Folco Portinari, kết hôn với Simone de 'Bardi và qua đời vào ngày 08 Tháng Sáu, 1290. Từ một ngoại tình đi qua để nhớ mình đã được sinh ra trong D. mục đích kỷ niệm sự trang trọng nhất đó trước khi anh ta đã làm với những nhịp điệu rải rác của mình, thu thập một cách chính xác những vần điệu và kết nối họ với những câu chuyện của toàn bộ câu chuyện tình yêu của mình. Do đó sinh ra (khoảng 1292-1293) đời mới (v.), Trong đó Beatrice xuất hiện như là một hướng dẫn để Thiên Chúa không phải chỉ của D. nhưng tất cả tâm trí cao quý. Nó là opera quý tộc về anh ta, như aristocratically tinh tế, trang phục và lý tưởng cho văn chương, là nhóm các nhà thơ trẻ, trong đó ông là một phần dễ thấy, trong đó, lấy cảm hứng bởi Guido Guinizzelli, bị phản đối bởi một phần Guittone, từ ' khác để versifiers phổ biến giai điệu, và cùng D. sau đó đã nêu (Purgatorio., XXIV, 49 et seq.) đã giới thiệu một cách thơ mới, một "ngọt ngào phong cách mới", do đó biểu hiện vẫn chỉ ra tất cả nhóm (v. stil novo). Nếu không chung thủy của mình để Beatrice là cho một người phụ nữ ("người phụ nữ nhẹ nhàng" của Vita Nuova) hoặc triết học (như sẽ có vẻ để làm chứng cho một tuyên bố rõ ràng về Convivio), vẫn đang được thảo luận; nhất định mặc dù là ngay sau 1290 D. lại với triết học, trong đó có sở hữu trong ngắn hạn: không dừng lại hoàn toàn tình yêu lyric, ông phản ánh xu hướng này trong lời bài hát của luân lý. Khả năng nó cũng là một giai đoạn của tình yêu nhục dục, đối với phụ nữ là rất khác nhau từ "phụ nữ dịu dàng" gây tranh cãi; nó có thể được truy trở lại cái gọi là vần "đá" (khoảng năm 1295?) cho một hòn đá hay một người phụ nữ cứng như đá, nhưng họ làm chứng trong sự thật đích của bài tập văn học khác với bình thường, nhiều hơn so với các sự kiện biographically hoặc tâm lý xác định . Cũng tại thời điểm đó có thể di chuyển lên chiến đấu với Forese Donati (D. và bạn của mình sẽ phàn nàn và chê trách trong sáu bài thơ, ba cho mỗi, lỗi lầm và khuyết tật của tất cả các loại, một số rất nghiêm trọng, nhưng nó cũng là ở đây ở phía dưới tập văn học), và nếu họ là D., Flower (v.) và nói về tình yêu (v.). Nếu không có sự phản ánh trong các tác phẩm văn học là cuộc hôn nhân của D. với Gemma Donati của Manetto, anh em họ học và Forese, nhưng chi nhánh chưa mạnh mẽ của gia đình; sắp xếp cuộc hôn nhân năm 1277 và triển khai thực hiện có lẽ khoảng năm 1285; từ đó được sinh ra (gọi cho chúng tôi) Jacopo, Pietro, Antonia (có lẽ sau đó đến Ravenna nữ tu tên là Chị Beatrice), và thậm chí có một John.
Chỉ cần một quy định của năm 1295 cho phép các nhà quý tộc, loại khỏi chính phủ của Pháp lệnh Tư pháp của Janus the Beautiful (1293), tham gia vào đời sống công cộng bằng cách đăng ký một nghệ thuật, D. ghi danh vào một trong những bác sĩ và apothecaries, có lẽ là một học giả về triết học, và 1295-1302 đã có các văn phòng khác nhau; trong số những thứ khác, từ tháng năm đến tuần. 1296 thuộc về quan trọng nhất của hội đồng thành phố, Trăm, và trên tất cả, từ 15 tháng sáu - 15 tháng tám. 1300, là một trong những priors, bầu chính xác với nhiệm vụ chống lại việc can thiệp vào đời sống chung của Florence của Giáo hoàng Boniface VIII, người, với lý do đế quốc trong những ngày nghỉ, và trông mong vào thị trấn bất hòa, nhằm thống trị ở Tuscany. Đáng chú ý trong các tu viện của D. cũng là hành động, rõ ràng cho lời khuyên của ông, để xua đuổi từ Florence - sau một cuộc tấn công của người da đen đến lãnh sự của nghệ thuật, và phản ứng của người da trắng - các nhà lãnh đạo của hai phe phái; giữa người da trắng dao động Guido Cavalcanti, các "đầu tiên" của những người bạn của nhà thơ, như chính ông gọi nó trong đời sống mới. Sau khi các tu viện, D. tiếp tục có văn phòng, và có những tài liệu của các hành động chính trị của ông, trong antiangioino ý nghĩa và chống giáo hoàng. Các cách tiếp cận trong Florence (1301) của Charles của Valois, các false "paciaro", D. đã có hai người khác gửi đại sứ Boniface VIII, người trở lại Florence hai, rằng ông hy vọng sẽ cầu bầu ủng hộ của luận án của mình, tổ chức với ông nguy hiểm nhất, Dante. Vì vậy, những - đến chiến thắng của những người da đen - có lẽ không bao giờ quay trở lại thành phố của mình: một phán quyết đầu tiên (ngày 17 tháng 1 năm 1302), lên án ông, và bị cáo, trong số những thứ khác, của sự ăn hối lộ, sau đó thường được sử dụng chống lại các đối thủ chính trị, để phạt tiền, giam giữ và không được cơ quan; không đã được trình bày, một bản án tiếp theo (ngày 10 tháng 3) đã kết án ông bị lưu đày vĩnh viễn, với các mối đe dọa của cái chết nếu ông lên nắm quyền của đô thị này. Vì vậy bắt đầu lưu vong của D., sự kiện vốn không chỉ cho thực hành tiểu sử của ông; trong thực tế nó bị sâu sắc của ông, ảnh hưởng rõ ràng sự phát triển của tư tưởng của ông và thơ ca của ông. Đầu tiên D. đã chiến đấu cùng với Bianchi và hy vọng sẽ trở lại với họ, nhưng đã được trước tháng 7 năm 1304, tức giận bởi "công ty xấu và ngu ngốc", anh đã trở lại, làm một bên mình. Các "povertade đau đớn" buộc ông phải tận dụng lợi thế của sự hào phóng của các nguyên tắc khác nhau, do đó hòa lẫn với người dân của mỗi sọc; trở thành, nhiều hơn hoặc ít hơn, "cận thần" vô cùng bực tức và khinh khỉnh của tình trạng này. Ông hy vọng có thể lúc đầu được gọi lên, và để kết thúc đó dành dụm cả rõ ràng mình với chữ cái và các tác phẩm khác của sự kỳ thị của ghibellino mà bạn apponeva, và đã được tạo ra chủ yếu từ có Ghibellines lưu vong tham gia cướp trắng, cả hai nâng cao danh tiếng của mình như là một học giả, những tác phẩm của các cam kết về giáo lý và rộng hơn mà không phải là những vần điệu của tình yêu. Giai đoạn 1304-1307 là về để được giao để De vulgari eloquentia (v.) Và Convivio (v.); ngày trở lại vào năm 1307, có lẽ là ý tưởng của hài kịch, cho dù imprendesse sau đó bài thơ từ đầu, cho dù kiểu dáng cổ xưa trở lại và có thể phác thảo cũ (v Divine Comedy.). Bây giờ những tư tưởng chính trị của D. có hình dạng cuối cùng của nó. Ông tự hỏi tại sao những căn bệnh của Ý và nhìn thấy trong bất hòa; thấy lý do cho điều này là việc thiếu một chỉ điện dân dụng, tức là các đế chế, bị phân tâm bởi những thứ hoàng đế của Đức, và trong sự tiếm quyền song song của quyền hạn của họ được Giáo Hội. D., trong ngắn hạn, từ Guelph vừa phải đã trở thành gần như một Ghibelline. Các giai đoạn của lưu vong có tất cả được biết: các nơi tạm trú đầu tiên là tại gia đình Scala, năm 1306 là tại Malaspina; truyền thống chưa được chứng minh rằng đã đến Paris. Là hậu duệ của Henry VII trong năm 1310 tại Ý, hy vọng nhen nhóm lại D. và tỏa sáng trong ba năm. Cuối cùng hoàng đế đã ở Italia, cũng quyết tâm để chấm dứt xung đột, để khẳng định quyền lực tối cao rex pacificus mình. Ngay cả Đức Giáo Hoàng dường như cũng đã bán: nhị nguyên giáo hoàng-đế dường như đã kết thúc. D. viết một bức thư cho các vị vua, hoàng tử và nhân dân Italy: một tiếng khóc của niềm hân hoan, sau đó chạy đến tỏ lòng tôn kính với hoàng đế rằng bao vây ở Milan (1311), vương miện sắt. Nhưng Florence, Florence Guelph, chống lại, hay đúng hơn là người đứng đầu của cuộc kháng chiến Ý: Tháng Ba, nhà thơ viết từ Casentino bức thư chống lại "bất công" Fiorentini; Trong tháng tư, một bức thư với cùng Arrigo, tại sao không trì hoãn ở miền bắc Italy. Trong khi đó, ông bị loại ra khỏi xá của năm 1311 (còn gọi là cải cách của Baldo d'Aguglione). Khi tấn công Arrigo Florence, nhà thơ không, tuy nhiên, phải cầm súng chống lại đất nước của họ, vẫn còn trong Casentino, có lẽ tại Tính của Battifolle. Nhưng cái chết của Henry (1313) cắt cụt hết hy vọng: nếu không ngay lập tức, chắc chắn rất sớm D. trở về Verona, khách lần này của Cangrande. Có lẽ ở thời điểm đối lập lớn nhất đối với các hoàng đế của Florence, Robert của Anjou và Đức Giáo Hoàng Clement V, ngày làm việc, trong đó ông trực tiếp nhất và gọn gàng cho thấy nhiều lý tưởng chính trị của ông, hào phóng của mình mặc dù giấc mơ không tưởng của 'chế độ quân chủ phổ quát: Quân chủ (v.). Một bức thư, tôn giáo, chính trị, D. đã viết trong năm 1314 sau cái chết của Clement V: là hướng đến các Hồng Y, đã hùng hồn kêu gọi để giúp Roma, mà không có hai mặt trời của mình, Đức Giáo Hoàng và các vị hoàng đế; ít nhất họ bầu một vị giáo hoàng người Ý, mà mang đến Rome giáo hoàng. Một bức thư cuối cùng, cuối cùng, D. đã viết trong 1315, theo truyền thống được gọi là trực tiếp "người bạn Florentine": bạn bè và gia đình kêu gọi ông trở lại Florence, như đã có thể, lợi dụng một ribandimento, cung cấp, ông đã trải qua một số thủ tục làm nhục: D. nhưng từ chối. Sau thất bại của Montecatini (1315), Florence trở thành câu lưu vong chết của ít nguy hiểm của những người lưu vong; thời gian này D. không chấp nhận: so 06 tháng 11 đã một lần nữa kết án tử hình, và lần này cùng với các trẻ em, người bây giờ đã vượt quá 14 năm. Chúng ta không biết chắc nơi D. đã thông qua năm ngoái, trong đó ông đã chắc chắn là một sự yên tĩnh nào đó của cuộc sống, và rằng ông phí để thực hiện các bài thơ của ông. Ít nhất là từ 1318 là ở Ravenna, nơi ông là chúa Guido Novello da Polenta, cháu gái Francesca: đây có lẽ ông
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